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Giampiero Mancini: “L’attore si educa, viene istruito, si allena, si trasforma” – Ilaria Sollazzo

Giampiero Mancini: “L’attore si educa, viene istruito, si allena, si trasforma” Biografia: L'attore Mancini dello SMO di Pescara: "Il difetto empatico è l'unica cosa che non si può perdonare ad un attore". Aveva 10 anni quando a scuola disegnò un gabbiano che tentava senza arrendersi, fino al sangue, di volare verso il mare ma era legato [...] Details

Giampiero Mancini: “L’attore si educa, viene istruito, si allena, si trasforma”

Biografia: L’attore Mancini dello SMO di Pescara: “Il difetto empatico è l’unica cosa che non si può perdonare ad un attore”. Aveva 10 anni quando a scuola disegnò un gabbiano che tentava senza arrendersi, fino al sangue, di volare verso il mare ma era legato da una pesante catena alla spiaggia. Quella catena, riuscì a spezzarla presto per volare verso una carriera artistica intensa e piena di soddisfazioni. Giampiero Mancini, attore e fondatore dello SMO, scuola di recitazione a Pescara, esordì a soli 18 con “Il Grigio” di Gaber che riscosse successo e ebbe riconoscimenti dal pubblico e dalla critica. Da piccino il suo attore preferito era Bud Spencer e una delle più grandi soddisfazioni è stata lavorare con lui. Attore di molte fictions e molti film come “Il Grande Caruso”, “Sarò sempre tuo padre”, “I Segreti di Borgo Larici”,”Narcotici – Caccia al Re” “Angeli”, “ Squadra Antimafia 6” , “Ris Roma 3”,”Distretto di Polizia 7 e 8″, “I Delitti del Cuoco”, La Squadra 8″ ,”7 Vite”… conduttore per SKY Gambero Rosso di “Bollicine sotto torchio” , “Piatto ricco” e “Mancini legge la guida”. Scrive,dirige ed interpreta spettacoli per e con orchestre sinfoniche nazionali ed internazionali

Intervista a Giampiero Mancini

D. Nella carriera di ogni artista è fondamentale essere critici, persino con se stessi. Un attore, per quanto possa negare, ha sempre dei ruoli che predilige. Tu cosa pensi della recitazione? Qual’ è il ruolo che preferisci interpretare sul set?
R. Ho la fortuna e il piacere, credo per una mia innata versatilità, di interpretare ruoli profondamente diversi, spesso diametralmente opposti : ne “I Segreti di borgo larici” vestivo i panni minimali del Dott. Luigi Conti, un umile medico di campagna amico degli operai, premuroso e rassicurante, mentre in “Angeli” sarò Walter Semiaza, un sulfureo e ricchissimo faccendiere con villa baronale e collezione di Ferrari, che contenderà a Raoul l’amore della bella principessa Vanessa…Un comprimario solido che intercetta la simpatia del pubblico in un inusuale thriller-melò in costume contro un antagonista oscuro inviso al pubblico che ordisce trame in una toccante favola moderna…Passo con estrema disinvoltura e sommo divertimento da Alessandro Tirreni notaio cocainomane ed omicida a Direttore dei Servizi Segreti integerrimo in un film e corrotto e laido in un altro. Da Giacomo Puccini (musicista che adoro) all’antipatico Federico Gualerzi nell’ultimo film per il cinema che ho appena finito di girare, “La prima volta di mia figlia”. Quindi se devo essere sincero, faccio fatica a definire un ruolo prediletto, la recitazione è reazione e trasformazione. Cercare e trovare equilibri e aderenze è l’aspetto più esaltante di questo lavoro. Ogni personaggio è una sfida. Diciamo che il mio ruolo più congeniale è senza dubbio il Diavolo. Ruolo che ho interpretato spesso in vari allestimenti de “l’Histoire du soldat” e ne  “Il demone e la fanciulla”, quindi ne conosco sfumature, gamme e difetti tragici strutturali. I “buoni” mi capitano di rado, quindi sarebbe come chiedere ad un bimbo se vuole più bene a mamma o papà…

D. Descrivi brevemente quali sono le tue caratteristiche espressive? La mimica facciale, nell’attore è una cosa innata o una cosa che si acquisisce?
R. Nella recitazione per la macchina da presa l’ intuibile difficoltà consiste nel non andare mai in over-acting e non indulgere all’autocompiacimento o alla marcazione eccessiva. Tutto deve essere naturale ed intenso. Io sono un attore dominante con l’abitudine ad aggredire con una certa ferocia le linee di transizione, quindi l’operazione di contrazione e mitigazione di alcune dinamiche energetiche deve essere ancora più rigorosa rispetto a ruoli miti in minore. La recitazione cinematografica è senza dubbio molto più vicina alla sottrazione. Ma non ho mai creduto che un attore efficace a teatro possa non esserlo nel cinema o viceversa. Se si è eccessivi con un mezzo lo si è anche nell’altro. Penso a Tony Servillo e non mi pare che in scena a teatro o sul set faccia fatica. Un grande attore lo è dovunque. Basta conoscere il campo di gioco e le sue regole. Resto fermamente convinto che attori si nasca, il lavoro può magnificare il tuo talento e darti gli strumenti per esprimere al meglio ciò che già sei. Ma se non nasci con l’aureola niente e nessuno può dartela. Si può diventare, studiando, attori da minimo sindacale non più di questo. Il “tocco” devi averlo tu.

D. C’è un attore italiano che stimi particolarmente? E’ più facile lavorare con attori di alto livello e ben noti, oppure con giovani attori? Ci sono dei pro e dei contro in entrambi i casi?
R. La lista dei colleghi e degli amici con i quali mi piace lavorare sarebbe troppo lunga e nominarne soltanto qualcuno vorrebbe dire fare un torto ad altro. Ogni partner ha la sua energia e il suo colore. Recitare insieme è una operazione alchemica dove tra l’altro non conta neanche la vicinanza umana ed il comune sentire. Su “Cul de sac” di Polansky gli attori si detestavano e in scena hanno formato uno dei cast più memorabili del cinema. Ho visto attori giovani essere già più maturi e pronti rispetto ad altri ben più noti. Quindi in realtà quando si lavora insieme è assolutamente necessario il rispetto e il piacere di farlo. Apparteniamo ad una razza di privilegiati non dovremmo dimenticarlo mai

D. Quali qualità deve avere un attore per emergere in questo periodo? Nel corso della tua carriera hai mai dovuto scendere a compromessi?
R. Sinceramente no. Non ho mai neanche avuto la necessità di cercare raccomandazioni. Io faccio un discorso che può suonare provocatorio e controcorrente ma è solo una considerazione che deriva dalla mia esperienza. Io credo che il talento e la bravura siano le uniche cose che ti facciano lavorare in maniera duratura e su vari fronti. Personalmente in 20 anni di attività ho conosciuto persone che non meriterebbero di lavorare e lavorano ma questo riguarda ogni ambito e ogni professione ma è anche altrettanto vero che non ho mai conosciuto qualcuno che meriti di lavorare e non lavora. Dico sempre ai miei ragazzi che non si hanno santi in paradiso ci si può mettere un po’ più di tempo ma chi è bravo arriva e arriva sempre. Per quanto riguarda la “raccomandazione” credo sia sempre vincolata non all’oggetto della suddetta ma alle fortune di chi ti raccomanda quindi difficile costruircisi una carriera credibile, stabile e duratura. In generale i raccomandati sui set sono abbastanza invisi a tutti e non se la passano benissimo. Saper cantare , ballare, recitare ossia essere “formati” in maniera poliedrica ti permette di non aspettare telefonate per un provino e di essere spesso impegnato nelle varie diramazioni che questo lavoro implica. Io quando non sono su set o non scrivo e dirigo lavoro prevalentemente con orchestre sinfoniche , ecco ad esempio in quell’ambito è difficile poter essere raccomandati. Una “histoire du soldat” o sai farla o non sai farla. Se alzi l’asticella ti confronti con professionalità che dedicano tempo e passione al loro lavoro, dando all’impegno e alla costanza una rilevanza significativa. Le doti umane non sono seconde alla competenza, l’umiltà, la disponibilità e l’impegno sono peculiarità determinanti quanto il talento e la conoscenza della tecnica che ti permette di esprimerlo.
D. Spesso si sente dire che la maggior parte della gente non apprezza il teatro impegnato. Secondo te è vero?
R. l’unica distinzione che farei è tra cose belle e cose brutte.E’ sempre preferibile un bel prodotto di intrattenimento ad un brutto lavoro impegnato. Credo che anche De Andrè un giorno a proposito di questo argomento disse che “Papaveri e papere” e “Scacchi e Tarocchi” siano allo stesso modo due belle canzoni. La bellezza è un incontro tra uno stato d’animo ed una forma ed essendo il promo variabile non è possibile tratte un giudizio oggettivo sulla bellezza. Può anche piacerci oggi ciò che domani non piacerà o viceversa. Non so se il teatro possa dividersi tra impegnato e non. David Mamet è impegnato o volgare? Shakespeare è impegnato o eterno? Nella mia scuola rappresentiamo un teatro vivo appassionante e vibrante e dato che ci sono circa 150 ragazzi l’anno direi che se ben proposto e ben selezionato piace . Eccome.

D. Oggi, ciò che aiuta a far presentare in modo immediato e rapido, sono l’apparenza, la superficialità. Potrebbe questo diventare causa di un’eventuale illusione nei giovani, da far loro credere che ciò sia legato allo stesso rapporto anche con l’interpretazione nell’arte? Quali i consigli che dai ai giovani aspiranti attori?
R. Oggi come ieri, essere attore vuol dire intraprendere un percorso che ti sceglie prima ancora che creda tu di averlo fatto. Essere attore è una droga, una croce, un cilicio e la più somma delizia. Un dono celeste che ti permette di vivere cose che ai più non sono concesse. Attori si nasce e in un certo senso esserlo è liberatorio perché non si può fare altro, per dirla alla Nietzsche, che tentare di “diventare ciò che si è”, e far in modo che l’essere attori diventi anche il tuo mestiere passando dal “sono” al “faccio”. L’essere attore vuol dire tentare di far in modo che ciò che nutre la tua anima possa nutrire anche il tuo stomaco, pagare i tuoi vizi, le tue bollette, le tue vacanze, le sigarette, le medicine, i tuoi libri e la tua spesa quotidiana. Essere un attore di certo non può voler dire attendere lo squillo di una agenzia che ti scelga, poi quello con il quale ti chiama per un colloquio, poi quello della casting che chiama l’agenzia per un provino, poi quello per essere riconvocato per un call back, poi quello della produzione etcc.. No. Non può e non deve essere questo! Essere attore vuol dire fare, fare e fare di tutto e proporsi facendo, non attendendo o imprecando da una torre isolata gli altri che “sicuramente più fortunati o raccomandati lavorano” o il destino che ti ha fatto nascere in provincia o il karma negativo che ti ha voluto vicino ad un ruolo etc. Essere attori dire togliersi di dosso ogni atteggiamento di livore o vittimismo ed essere positivi entusiasti ed umili perché, come dice un mio carissimo amico e notissimo regista, “nessuno vuole attorno gente alla canna del gas”.

D. C’è un sogno professionale che non hai ancora realizzato ?
R. Mi piace viaggiare, adoro il mare, i fumetti e disegnare.… non posso che rispondere Corto Maltese. Pratt dichiarò che, non potendo più essere interpretato da Burt Lancaster giovane, l’unico che avrebbe potuto sostenere i silenzi di Corto Maltese senza perderne l’espressività sarebbe stato David Bowie, forse aveva ragione ma non essendoci conosciuti mi tengo il beneficio del dubbio e la mia ammirazione e la mia stima incondizionata per la creatura ed il creatore, che sono essenzialmente la stessa persona. Quindi il ruolo che avrei voluto interpretare e l’artista con il quale avrei voluto collaborare sono Corto e Hugo.

D. Progetti futuri?
R. Debutterà in Corea tra pochi mesi un musical tratto dalla favola di Turandot che ho scritto per l’Opera di Seul. Ora sono su questo…
Un in bocca al lupo a Giampiero Mancini per la sua carriera artistica da parte di tutta la redazione.

Intervista realizzata da Ilaria Solazzo.

Materiale fornito a titolo completamente gratuito da Ilaria Solazzo e Giampiero Mancini per “Altroverso Magazine” ed “Altroverso Radio”.