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Intervista a Meridiana

Intervista a Meridiana Il suo percorso tra teatro cinema e televisione? Il pellegrinaggio di un artista curioso, che non ama recinti e definizioni. Ho cominciato a muovere i primi passi nell’arte, con il disegno, poi ho virato verso il teatro, quindi alle interpretazioni, le direzioni e la scrittura di spettacoli con e per le Orchestre [...] Details

Intervista a Meridiana

Il suo percorso tra teatro cinema e televisione?

Il pellegrinaggio di un artista curioso, che non ama recinti e definizioni.
Ho cominciato a muovere i primi passi nell’arte, con il disegno, poi ho virato verso il teatro, quindi alle interpretazioni, le direzioni e la scrittura di spettacoli con e per le Orchestre Sinfoniche: dalla scrittura per il teatro alla composizione di canzoni e musical. Poi film, televisione , spot… Non credo si possa parlare di percorso. Un percorso implica una strada, un cammino… diciamo che sono più vicino al vagabondaggio errante: apolide, senza meta o fissa dimora, un bimbo che in un bosco insegue farfalle. Una farfalla mi porta ad un ruscello da lì risalendolo mi distrae un fiore etc…

Che cosa ha deciso la tua carriera?

Il mio innato talento e la mia curiosità. Riflettevo con amici colleghi proprio qualche sera fa di quanto sia facile la vita degli artisti: non nel perseguimento della propria realizzazione, il percorso è irto e difficoltoso, io mi riferisco alla facilità con la quale si individua la rotta. In molti casi non c’è proprio scelta, al contrario di tante persone che non sanno cosa fare della loro vita, un artista sà con esattezza cosa farne e con altrettanta sicurezza sà cosa non vuole fare. Un artista raramente cade nel comune equivoco di confondere quello che si è con quello che si fa. Uno scrittore è uno scrittore anche quando lavora alle poste come Bukowsky. Per molti individui dire quello che si fa spesso equivale anche a dire quello che si è. Un artista qualunque cosa faccia resta un artista.

Un immagine che ha accompagnato lo studio della recitazione fino al tuo primo film?

I Camerini dei teatri. Questi limbi , terre di mezzo, mistici luoghi di confine tra la realtà e il palco. E mi affascinano tutti; i camerini a 5 stelle extra lusso con doccia e catering e quelli spartani senza neanche la carta igienica, quelli estivi improvvisati in tendoni o gazebi sempre fradici di pioggia andata o quelli incistati in ville comunali o case. Ogni camerino ti sussurra una storia, che è rimasta impigliata sotto le unghie del legno o tra le maglie di una tenda, volti impressi come fotografie psichiche negli specchi, a volte ci trovi reliquari, appunti, portafortuna, tracce di rituali, tracce di sangue finto o grani di sale grosso. Mi piace passarci e abitarli, arredarli e infestarli con la mia chiassosa e caotica presenza. Di camerino in camerino fino a quelli nelle roulotte dei set. Bianchi e provvisori con un frigo stracolmo di acque come se girassi sempre nel Sahara; dove ti rintani con il cestino bianco, rosso o verde dei catering.
Il ricordo dei camerini è l’immagine più frequente e persistente.

La tua più grande passione?

La musica. Senza dubbio. Mi piace ascoltarla, pensarla, sognarla, comporla. Non c’è momento della mia giornata che non sia accompagnato, sottolineato, amplificato dalla musica. Cucino, guido, gioco, dirigo, insegno, scrivo con e grazie alla musica. Sono assolutamente bulimico e schizofrenico passo con il medesimo entusiasmo dall’elettro dark islandese alla musica sinfonica, da Califano a Mertens passando per Puccini, Olafur Arnalds e Zola Jesus.

Che cosa è per lei la recitazione?

La mia unica dipendenza. Non di rado passo sul set anche quando non ho pose per vedere i miei colleghi lavorare. Guardo recitare attori nei film o a teatro. La recitazione spesso mi spiega chi sono e cosa potrei essere, cosa potrei divenire o cosa sarei potuto diventare. Sono assolutamente affascinato dalla trasformazione e da ciò che la recitazione fà agli individui. Seguire giorno per giorno le evoluzioni e il divenire costantemente in fieri di chi comincia a studiare recitazione fino ad essere formato. Formato ma non compiuto. Il processo,che è essenzialmente un percorso privativo e che procede per “sottrazione”, si protrae per tutta la vita. La recitazione è una costante inclinazione al furto: da un gesto ad una espressione, da un modo di reagire ad una modulazione timbrica. Io rubo costantemente non solo da colleghi ma anche e soprattutto da persone comune al mercato o alle poste, per strada o nelle mie scuole. Ecco, dai miei alunni prendo tantissimo almeno nella stessa misura nella quale do. Il processo è osmotico e vibrante, e diventa con il tempo una esperienza della quale non si può fare a meno. Per dirla come il Conte di Rochester, il teatro è la mia droga, e il mio stato di assuefazione è ormai ad una tale gravità da aver bisogno di droga della migliore qualità.

Che cosa fa Giampiero Mancini quando non è sul set?

Cerco di usare il trapano. Senza riferimenti o allusioni sessuali. Trovo insulsi pretesti per usare proprio il trapano elettrico con il mandrino. Oggi un uomo senza trapano non è nessuno. Ho una bottega di attrezzi e un campionario di viti e brucole da poter fare il manutentore almeno in due galassie. Sono assolutamente un “fai-da-te-addict” e faccio “fai da te estremo”, imbarcandomi in lavori nettamente al di sopra delle mie limitatissime capacità e delle mie scarse competenze, ma monto , smonto aggiusto e miglioro ma mai per necessità, sempre e solo per poter usare in primis il trapano e a seguire gli altri attrezzi (ride). Io per lavoro faccio cose che la stragrande maggioranza dei miei simili fa per hobby o nel tempo libero; viaggiare, suonare, cantare, vedere film, leggere etc… quindi il mio tempo libero presumo che possa essere più vicino al mestiere di qualcun altro. Quando non armeggio con i miei attrezzi in inutili migliorie acquisto materiale tecnologico che non userò. Ma mi conforta circondarmici. Sono pigro e non leggo le istruzioni, anzi, non leggo le istruzioni perché non sono portato né per l’elettronica né per la tecnologia, quindi, mi sembra tempo sprecato tanto non capirei. Come per la matematica quando andavo a scuola. In questi casi si tratta di accanimento terapeutico e ad un certo punto bisogno lasciare andare… quindi compro cose tecnologiche di continuo in maniera assolutamente ossessivo – compulsiva. Cucino e viaggio e guardo serie televisive mentre gioco al calcio con l’ x – box: sono scarsissimo ma appassionato e perdo continuamente, allora spengo il gioco per non salvare le sconfitte e rigiocare, baro molto. Una volta giocando contro mio fratello ho fatto staccare l’interruttore della luce perché stavo perdendo e non potevo accettarlo. Non eravamo bambini è accaduto 2 anni fa (ride). Ecco, direi che si può sintetizzare in questo modo: nel mio tempo libero gioco a fifa guardando contemporaneamente serie televisive per dare l’impressione di non tenerci tanto ma non è così quindi quando le sconfitte si protraggono smetto per cucinare, penso ad un piatto sfizioso ed esco per comprare il necessario, vado in qualche centro commerciale dove “casualmente” posso saccheggiare tecnologia che non userò, il tutto pensando a dove e come poter usare i miei attrezzi e il trapano.

Una sua massima

Una massima non mia ma che ho fatto mia. Sapere Aude! Una locuzione latina presumibilmente di Orazio. Abbi il coraggio di conoscere e in senso lato una esortazione a non temere di usare sempre la propria intelligenza. L’espressione è diventata celeberrima grazie a Kant, che ne fa il motto dell’Illuminismo.

Progetti futuri

Spero di tornare presto a Torino per la seconda stagione de “i segreti di borgo Larici”. Poi accompagnare la prima della mia Turandot a Seul. Sicuramente lavorerò ad una sintesi della Tosca per piano e 2 voci, una maschile e una femminile. A Ravenna qualche giorno fa nell’ambito de “la voce artistica” ho proposto l’anteprima di questo lavoro embrionale e sono rimasto piacevolmente stupito dalla tenuta e dalla capacità penetrativa. Il processo è destrutturativo. L’opera viene smontata e la promessa è intrigante recitare ciò che è stato pensato per essere cantato , cantare ciò che è stato pensato per essere suonare e rimissare il tessuto musicale. Un’opera che diventa qualcosa vicino al radiodramma. Si lavora sulla comprensione e sulla fascinazione permettendomi di essere eclettico nei passaggi vocali disegnando, per ogni personaggio una veste sonora e vocale riconoscibile. Molto divertente.

La sua esperienza in I segreti di Borgo Larici

Meravigliosa. So che può apparire una risposta melensa, stucchevole e convenzionale e che nessuno risponderebbe il contrario, ma in questo caso è anche l’unica possibile. Il lavoro è splendido, la troupe è stata una famiglia e il rapporto con il cast è stato idilliaco. Neanche nelle più rosee aspettative si sarebbe potuto sognare uno scenario nel quale in mesi di lavorazioni si lavora insieme, si cena insieme, si tira tardi a cena per stare insieme dopo cena e ricominciare il giorno dopo con lo stesso piacere e lo stesso entusiasmo.